Coaching artistico premessa
L’Artista, a qualunque livello esso sia, non è una macchina
Può essere un “fotocopiatore umano” di soggetti o di se stesso, o un semplice appassionato, o diligente dispensatore di grafite e colore… ma non è un robot
È una persona che deve convivere con un lato di se stesso importante quanto il cuore o i polmoni, cioè la sua essenza artistica e creativa, e non affermiamo questo come dialettica ispirata da vena poetica
E’ la dura realtà
Chi convive con un suo aspetto artistico è condannato ad averci a che fare. E nel caso delle arti visive la situazione è anche tra le peggiori, perché, ad esempio, molti suonano la chitarra, o la strimpellano, ma pochi se ne ammalano tanto da studiare per diventare (o tentare di diventare) rock star. Questo perché in taluni ambiti artistici esistono precisi input, determinati impulsi e precise scelte che portano un essere umano a imboccare una via, e a rendersi immediatamente conto (tranne rari casi) di possedere i requisiti per sfondare o no
Nelle arti visive, questo non può accadere, perché tutti hanno un proprio sentire, e un impellente bisogno ed esigenza di buttarlo fuori, esternarlo, sia quel che sia.
Molte delle altre arti devono forzatamente passare attraverso la tecnica, elemento principale di quel lato artistico (non si può suonare un sax improvvisando, e tantomeno guidare una macchina da corsa), ma nelle arti visive è tutto il contrario
L’immensa libertà che i segni e le pennellate rilasciano permettono a chiunque di provare a cimentarsi con il lavoro artistico (la maggioranza), la propria arte, e l’arte. Per questo ci sono così tanti artisti che “sentono” e che si peritano nell’eseguire
Ed è una cosa meravigliosa
Ma anche così, la confusione è tanta, perché un artista, per potersi esprimere al meglio, ha bisogno di due cose.
Una è senz’altra la tecnica, la conoscenza dei materiali, le loro reazioni e comportamenti
L’altra è se stesso
E molti, moltissimi non riescono a fare luce su questo aspetto. Dal quale ne dipendono molti, molti altri. E a quel punto si cercano vie espressive utili, ma si cercano a tentoni, fidandosi più che comprendendo, nella vana ricerca all’esterno di qualcosa che invece è dentro di noi. Siamo noi.
E via di fuga non ve ne sono.
(continua)